Nato nel 1825 a Livorno, il grande artista non assoggettò, né sottomise mai la sua arte alle esigenze del mercato. I numerosi riconoscimenti ufficiali, come anche quelli internazionali, e le vendite dei suoi quadri, portarono pochi guadagni a Giovanni Fattori, che rimase per tutta la vita fedele solo a se stesso, ovvero al libero creatore che era. Travagliata e costellata di lutti la sua vita sentimentale: la prima moglie morì di tubercolosi nel 1867. Iniziò una nuova relazione con Marianna Bigazzi, che diventerà poi sua moglie. Resterà nuovamente vedovo dopo due anni di matrimonio. Fattori morirà a Firenze nel 1908. L’anno prima, si era risposato per la terza volta.
La fatica antica della vita nei campi e le macchie di luce nelle cascine
L’amata Maremma influenzò sempre profondamente la pittura di Giovanni Fattori per i suoi paesaggi selvaggi. Il pittore si dedicava allo studio del “vero”, durante le sue lunghe passeggiate in campagna, durante le quali, annotava tutte le sue osservazioni su un album tascabile. L’artista sentiva la forza indomabile della natura come pura energia vivente: uomini e animali sono manifestazioni prorompenti di questa vitalità. In Maremma, ha l’opportunità di osservare le condizioni di vita della gente meno agiata e povera. Ma anche la dignità con cui i contadini affrontano ogni giorno la vita. Il disegno è energico, esprime pura forza; i colori non sono più brillanti e applicati con contrasto, ma si avvicinano fedelmente a quelli della natura. Rappresentano la realtà della vita nei campi e della miseria sociale dei contadini.
L’olio su tavola rappresenta uno dei luoghi preferiti dal pittore: le Cascine a Firenze.
Vi si ammira un Fattori apertamente macchiaiolo, cantore della natura in ogni suo aspetto. La luce filtra attraverso il fogliame rifrangendo sul terreno e creando riflessi variopinti.